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nodi

quanto è annodato un nodo?

Costruite un nodo con una cordicella, “fissatelo” unendo le estremità e poi lasciate cadere la cordicella sul tavolo: ottenete il “disegno” di una curva “quasi” piana. Non completamente piana perché (a meno che si tratti di un “finto nodo”) ci sono alcuni punti dove la cordicella non appoggia direttamente sul piano del tavolo, ma incrocia se stessa.
Potete rappresentare questa situazione con una figura in cui il tratto interrotto della curva sta ad intendere il ramo che passa sotto nell’incrocio. Ciò corrisponde a considerare la proiezione del nodo su un piano, proiezione che risulta ora una curva effettivamente piana, con un certo numero di incroci. Essa da sola non basta a ricostruire il nodo tridimensionale, a meno che non specifichiate ogni volta, per i due rami che arrivano in ciascun incrocio, quale è quello che passa sopra e quale è quello che passa sotto. In tal modo il nodo, che sta nello spazio tridimensionale, è stato ridotto ad un ambito bidimensionale (una curva piana, con incroci, e una specifica di sopra/sotto ad ogni incrocio) ed è abbastanza naturale immaginare che il numero di incroci di questa curva possa dare il qualche senso una “misura” della complessità del nodo.

Questo non è lontano dal vero, anche se occorre un po’ di cautela, perché il numero degli incroci può dipendere dalla proiezione che è stata scelta (ovvero dalla maniera in cui la cordicella è stata appoggiata sul tavolo). Può accadere infatti che lo stesso nodo da una certa angolatura sembri avere tre incroci, ma da altre angolature sembri averne quattro

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Non solo! Lo studio dei nodi è di natura topologica, e ciò significa fra l’altro che non dovete necessariamente pensare ai nodi come ad oggetti rigidi. Potete immaginare che siano lunghi a piacimento ed estensibili, e potete maneggiarli come volete ottenendo nodi indistinguibili da quello di partenza, purchè queste operazioni mantengano il nodo chiuso: non è lecito tagliare la cordicella, fare operazioni a corda aperta e poi richiudere. E quindi potete avere anche legittime proiezioni dello stesso nodo, in cui il numero degli incroci è molto aumentato rispetto a quello di partenza.
Così come accade per il nodo rappresentato nell’exhibit della mostra matemilano, che è un nodo trifoglio, come vi potete accorgere maneggiandolo un po’.

In effetti, per numero di incrocio di un nodo non si intende (e non si potrebbe intendere!) il numero di incroci di una sua qualsiasi proiezione, ma si intende il MINIMO numero di incroci di una sua possibile proiezione, in una qualunque delle posizioni che il nodo stesso può assumere “maneggiandolo".
Non è affatto semplice determinare questo numero; se appoggiando la cordicella sul tavolo trovate una curva con sette incroci, prima di dire che il numero di incroci di quel nodo è sette dovete essere sicuri che non si può trovare alcun altro modo di appoggiarla in cui ci sia un numero minore di incroci.

Il numero di incroci del “finto nodo” è 0; il numero di incroci del nodo trifoglio e 3; e non c’è alcun nodo con numero di incroci 1 oppure 2: in effetti, ogni nodo che si possa disegnare con uno o due incroci è in realtà il finto nodo, cioè può essere manipolato fino a “diventare” una circonferenza.
I due nodi trifoglio (trifoglio destro e trifoglio sinistro) sono gli unici nodi con numero di incroci 3; e il nodo "a otto" è l’unico con numero di incroci 4. Però il numero dei possibili nodi; diversi fra loro, con un dato numero di incroci, sale molto velocemente al crescere del numero degli incroci: già con solo nove incroci si arriva a un centinaio di possibilità!

La storia dello studio dei nodi ha degli aspetti molto interessanti: alcuni precursori di questo studio (P.G. Tait e W. Thomson – più noto sotto il nome di lord Kelvin) hanno cominciato ad interessarsi ai nodi alla fine del 1800, partendo da una teoria sulla struttura della materia che oggi appare abbastanza fantasiosa: secondo questa teoria, gli atomi (vortex atoms) non erano costituiti da oggetti puntali, ma da piccoli nodi che si allacciavano fra di loro a costituire le molecole. Quindi, pensando agli atomi, Tait e Thomson si sono proposti di arrivare a una classificazione dei nodi, ma probabilmente hanno sottovalutato il problema, che in effetti a tutt’oggi non è completamente risolto. Risalgono così ai loro tentativi le prime “tabelle dei nodi”, cioè le prime liste di nodi, ordinati rispetto al numero minimo di incroci.
Nella compilazione di queste tabelle, che contemplavano nodi con un numero di incroci non superiore a 10, Tait si era basato su alcune affermazioni (legate per l’appunto al numero di incroci di un nodo) che evidentemente riteneva così ovvie da non avere bisogno di una dimostrazione; queste negli anni hanno preso il nome di “congetture di Tait”, e, nonostante lo studio dei nodi disponesse di strumenti sempre più raffinati, sono state dimostrate solo in anni molto recenti.

  17/10/2006 , 13:03:00 ,   , nodi